Domattina zona nuova: nuovo percorso, nuovo mezzo (si ritorna al motoposta), nuova gente, nuove difficoltà e nuove opportunità.
Il mio bisogno di stabilità appare placato. Ma anche no.
settembre 22, 2013
settembre 22, 2013
settembre 17, 2013
settembre 17, 2013
Ma che cazzo!
Non temere il venerdì 13, ma il martedì 17.
Cazzo che giornataccia!
Avrei dovuto capirlo dopo che mi hanno attraversato la strada prima un gatto nero e poi un serpente nero. Mancavano solo un pipistrello che mi cacava in testa e Darth Vader!
Cazzo che giornataccia!
Avrei dovuto capirlo dopo che mi hanno attraversato la strada prima un gatto nero e poi un serpente nero. Mancavano solo un pipistrello che mi cacava in testa e Darth Vader!
settembre 03, 2013
settembre 03, 2013
Voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a ca sa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa vogliotornare a casa vogli otornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa voglio tornare a casa vog
settembre 02, 2013
settembre 02, 2013
La gente stanno male
Esterno spiaggia, mezzo pomeriggio con cielo velato.
In spiaggia siamo in cinque: io ed una famigliola composta da padre e madre piuttosto giovani, con due bambinetti - uno di circa 3 anni, minuscolo e coi braccioli più grandi di lui, e l'altro di meno di un anno.
Il papà prende una canna lunga più di un metro e, girando su se stesso, disegna un cerchio sulla spiaggia. Poi un altro ed un altro ancora. Il treenne se la ride, e il papino pure.
Poi il tipo comincia a disegnare la sagoma di un uomo: testa, corpo, spalle, braccia, dita, cintura... fa un sorriso al bambino e... "ZACCHETE!", urla conficcando la canna all'altezza del cuore della sagoma!
Continua a sorridere.
Si buttano a mare.
Il papino invita il bimbo a correre insieme a lui dalla mamma. TRE! DUE! UNO! VIA!
Lui fa cinque salti, raggiunge la moglie ma il bambino è ancora in acqua... lui sorride ed esulta.
A certa gente dovrebbero togliere la patria potestà, e poi imporre una vasectomia.
settembre 01, 2013
settembre 01, 2013
L'oca nella bottiglia
Uno dei koan più famosi è quello dell’oca che, ancora uovo, viene sistemata in una bottiglia; l’uovo si schiude, l’oca cresce e nel koan si chiede: “Come si fa a far uscire l’oca dalla bottiglia, senza rompere la bottiglia e senza uccidere l’oca?”.
Le risposte che possono scaturire dalla mente logica e razionale sono ridicole. Ad esempio, si potrebbe disquisire sul fatto che tagliando il fondo della bottiglia e poi riattaccandolo la bottiglia non sarebbe stata tecnicamente rotta.
Pensare in questo senso al koan è una perdita di tempo, così come è una perdita di tempo pensare al mistero della vita in termini logici.
Il senso del koan, per nostra esperienza, è riflettere così a fondo che non resta infine che arrendersi di fronte all’evidenza che non c’è risposta, che la logica da cui siamo governati non è poi così saggia, non sa rispondere.
Un koan non ha soluzione, non si può risolvere, al massimo si può dissolvere.
…La risposta più famosa che circola intorno al koan dell’oca, non aiuterà il neofita a salire sul piano di chi la diede (il maestro zen Nansen), se il neofita stesso non si porrà la domanda e non cercherà con tutto il suo essere di vivere la risposta.
La risposta che scardina completamente il senso del koan è: “L’oca è fuori”.
L’oca è fuori. Per anni il monaco zen si è chiesto come far uscire l’oca dalla bottiglia e la risposta è che l’oca è già fuori.
È facile quanto fuorviante etichettare tutto ciò semplicemente come un’assurdità, come un gioco per deficienti; in realtà il segreto della vita è celato in questo koan e nella sua risposta più famosa.
Se onestamente si prova a rispondere al koan, orientando la propria mente alla sua soluzione, anche solo per cinque minuti consecutivi, ci si ritrova con le spalle al muro, faccia a faccia con l’incapacità di risolvere un quesito in apparenza semplice. La mente si concentra e non trova risposta. Questo koan diventa temporaneamente la sua occupazione, la sua ricerca, la sua vita, la sua realtà… in gergo: una fissazione.
La risposta: “L’oca è fuori” non è solo un nonsense. È far uscire la mente da una realtà fittizia (da una fissazione), poco importa se creata appositamente.
L’oca è già fuori, e tu sei impegnato a trovare un modo per farla uscire.
È una metafora vivente: mentre si è impegnati a risolvere con la mente un quesito della mente, la risposta è che il quesito stesso non ha motivo di esistere.
Con un doppio salto logico mortale, possiamo addirittura considerare l’oca come la presupposta buddità del cultore zen, la sua illuminazione, che egli considera intrappolata nella mente e che tramite lo Zen si sforza di far uscire; e nello Zen riceve questo koan che gli rivela inaspettatamente che l’oca è già fuori, che lui è già perfetto, già illuminato.
Il monaco Panshan camminando al mercato vide alcune persone davanti ad un banco in procinto di comprare carne di un animale selvatico.
“Vorrei cinque libbre di carne scelta” Disse un cliente.
Il macellaio rispose compiaciuto:
“Di questo animale cosa non è un taglio scelto”.
Quando Pashan udì le parole del macellaio finalmente raggiunse l’illuminazione.
Pashan si rende conto che ogni cosa è perfetta così com’è. Anche lui.
A livello mentale, intellettuale, egli già lo sa, ma ancora non lo vive. Probabilmente sono anni che cerca una risposta ad una domanda che non esiste, poi all’improvviso si rende conto che tutto è un taglio scelto, che tutto è perfetto così com’è, ed ecco che raggiunge la tanto sospirata illuminazione e cioè un’accettazione totale e incondizionata di ciò che esiste.
Proprio come il macellaio che non si pone il problema di tagliare un pezzo di carne scelta perché: “Di questo animale cosa non è un taglio scelto”, così la risposta “l’oca è fuori” è un balzo dall’illusione (la costruzione del koan e la concentrazione della mente su di lui) alla realtà (non c’è nessuna oca nella bottiglia: l’oca è fuori).
L’ufficiale Riko una volta chiese a Nansen di fargli luce sull’antico problema dell’oca nella bottiglia:
“Se un uomo mette un pulcino d’oca in una bottiglia e lo nutre finché non è cresciuto, come potrà far uscire l’oca senza ucciderla o senza rompere la bottiglia?”
Nansen battè le mani con forza e urlò:
“Riko!!!”
“Sì maestro?” rispose Riko sobbalzando per la sorpresa.
“Vedi l’oca è fuori!” disse Nansen
Il momento in cui il maestro urla il nome del discepolo e batte la mani ricorda le modalità con cui l’ipnotista sveglia l’ipnotizzato da una trance. Nansen porta Riko nel presente, nel qui e ora, nella realtà. Fuori dalla fissazione del koan, fuori dall’ipnosi: nella realtà. L’oca è già fuori, non è mai stata dentro. Nella realtà non c’è nessun problema, è la mente che crea problemi e poi cerca di risolverli.
Un koan è un “problema” irrisolvibile che mette la mente con le spalle al muro, che ti costringe a vivere qui e ora, nella realtà.
da: Storia e storie di un'eresia chiamata Zen.
di Fabrizio Ponzetta
Le risposte che possono scaturire dalla mente logica e razionale sono ridicole. Ad esempio, si potrebbe disquisire sul fatto che tagliando il fondo della bottiglia e poi riattaccandolo la bottiglia non sarebbe stata tecnicamente rotta.
Pensare in questo senso al koan è una perdita di tempo, così come è una perdita di tempo pensare al mistero della vita in termini logici.
Il senso del koan, per nostra esperienza, è riflettere così a fondo che non resta infine che arrendersi di fronte all’evidenza che non c’è risposta, che la logica da cui siamo governati non è poi così saggia, non sa rispondere.
Un koan non ha soluzione, non si può risolvere, al massimo si può dissolvere.
…La risposta più famosa che circola intorno al koan dell’oca, non aiuterà il neofita a salire sul piano di chi la diede (il maestro zen Nansen), se il neofita stesso non si porrà la domanda e non cercherà con tutto il suo essere di vivere la risposta.
La risposta che scardina completamente il senso del koan è: “L’oca è fuori”.
L’oca è fuori. Per anni il monaco zen si è chiesto come far uscire l’oca dalla bottiglia e la risposta è che l’oca è già fuori.
È facile quanto fuorviante etichettare tutto ciò semplicemente come un’assurdità, come un gioco per deficienti; in realtà il segreto della vita è celato in questo koan e nella sua risposta più famosa.
Se onestamente si prova a rispondere al koan, orientando la propria mente alla sua soluzione, anche solo per cinque minuti consecutivi, ci si ritrova con le spalle al muro, faccia a faccia con l’incapacità di risolvere un quesito in apparenza semplice. La mente si concentra e non trova risposta. Questo koan diventa temporaneamente la sua occupazione, la sua ricerca, la sua vita, la sua realtà… in gergo: una fissazione.
La risposta: “L’oca è fuori” non è solo un nonsense. È far uscire la mente da una realtà fittizia (da una fissazione), poco importa se creata appositamente.
L’oca è già fuori, e tu sei impegnato a trovare un modo per farla uscire.
È una metafora vivente: mentre si è impegnati a risolvere con la mente un quesito della mente, la risposta è che il quesito stesso non ha motivo di esistere.
Con un doppio salto logico mortale, possiamo addirittura considerare l’oca come la presupposta buddità del cultore zen, la sua illuminazione, che egli considera intrappolata nella mente e che tramite lo Zen si sforza di far uscire; e nello Zen riceve questo koan che gli rivela inaspettatamente che l’oca è già fuori, che lui è già perfetto, già illuminato.
Il monaco Panshan camminando al mercato vide alcune persone davanti ad un banco in procinto di comprare carne di un animale selvatico.
“Vorrei cinque libbre di carne scelta” Disse un cliente.
Il macellaio rispose compiaciuto:
“Di questo animale cosa non è un taglio scelto”.
Quando Pashan udì le parole del macellaio finalmente raggiunse l’illuminazione.
Pashan si rende conto che ogni cosa è perfetta così com’è. Anche lui.
A livello mentale, intellettuale, egli già lo sa, ma ancora non lo vive. Probabilmente sono anni che cerca una risposta ad una domanda che non esiste, poi all’improvviso si rende conto che tutto è un taglio scelto, che tutto è perfetto così com’è, ed ecco che raggiunge la tanto sospirata illuminazione e cioè un’accettazione totale e incondizionata di ciò che esiste.
Proprio come il macellaio che non si pone il problema di tagliare un pezzo di carne scelta perché: “Di questo animale cosa non è un taglio scelto”, così la risposta “l’oca è fuori” è un balzo dall’illusione (la costruzione del koan e la concentrazione della mente su di lui) alla realtà (non c’è nessuna oca nella bottiglia: l’oca è fuori).
L’ufficiale Riko una volta chiese a Nansen di fargli luce sull’antico problema dell’oca nella bottiglia:
“Se un uomo mette un pulcino d’oca in una bottiglia e lo nutre finché non è cresciuto, come potrà far uscire l’oca senza ucciderla o senza rompere la bottiglia?”
Nansen battè le mani con forza e urlò:
“Riko!!!”
“Sì maestro?” rispose Riko sobbalzando per la sorpresa.
“Vedi l’oca è fuori!” disse Nansen
Il momento in cui il maestro urla il nome del discepolo e batte la mani ricorda le modalità con cui l’ipnotista sveglia l’ipnotizzato da una trance. Nansen porta Riko nel presente, nel qui e ora, nella realtà. Fuori dalla fissazione del koan, fuori dall’ipnosi: nella realtà. L’oca è già fuori, non è mai stata dentro. Nella realtà non c’è nessun problema, è la mente che crea problemi e poi cerca di risolverli.
Un koan è un “problema” irrisolvibile che mette la mente con le spalle al muro, che ti costringe a vivere qui e ora, nella realtà.
da: Storia e storie di un'eresia chiamata Zen.
di Fabrizio Ponzetta
agosto 31, 2013
agosto 31, 2013
Allo zoo (2)
Nel posto in cui vivo, sul mare, ci sono numerosi locali che organizzano serate con animazione ad ingresso gratuito.
Il più grande di questi, puntualmente ogni weekend si affolla di gente. Un'ammucchiata di casi umani da far impallidire il registro presenze di un CIM!
Ieri sera, complice il fatto che avevo uno scazzo da paura per cui sapevo che mi sarebbe andato bene perfino un libro di Moccia, mi sono addentrato in solitaria all'esplorazione di questo microcosmo da National Geographic.
La prima cosa che ho notato è che, stranamente, la proporzione donne-uomini è lievemente a favore di questi ultimi, cosa che dalle mie parti è assolutamente inconsueta, tant'è vero che fino ad un certo orario è consentito l'ingresso solo alle coppie o a comitive nelle quali le donne siano in sovrannumero.
Gli uomini "in più" generalmente si fermano a bordo pista col cocktail in mano ad osservare, bene che gli vada, come diventeranno da grandi. Essì, perché di giovanissimi ce n'erano ben pochi: la discoteca si riduce ad una specie di balera per ultratrentacinquenni in fregola che smaniano dalla voglia di farsi notare senza bisogno di andare nella trasmissione filogeriatrica di Maria de Filippi.
Una quarantenne vestita come una bambola spagnola, con tanto di rafflesia in testa (spero non così puzzolente), si dimenava sculettando a ritmo di remix degli anni '80.
Altre due donne, una addobbata "da acchiappo" con camicetta rossa e pantalone bianco e l'altra tipica bruttina stagionata, improvvisavano passi coordinati su brani qualunque. Casualmente andavano a tempo. Casualmente.
Poi c'era il classico "robottino": l'ultrasessantenne che conosce TUTTI i passi di TUTTI i balli di gruppo, si piazza in un angolo della pista e li mette insieme senza un ordine preciso, se non quello del dio che glielo ordina (Dioniso, I suppose); a causa del suo tarantolare, in pista attorno a sé c'era il vuoto. Gli apprezzamenti venivano esclusivamente da chi entrava, l'osservava divertito... poi si spaventava (sempre a causa del pensiero "Ma io diventerò così da grande?") ed usciva in preda ad un attacco acuto di LES.
E infine l'esibizionista. Ce n'è sempre uno, ovunque, ma questo era spettacolare. Uomo, caucasico, sui 45 anni, calvo, normolineo, cavallo alto e spalle basse, maglioncino legato in vita e t-shirt dentro i pantaloni, sicuramente con un passato di danzatore o ballerino, per lo meno a livello semi-agonistico, ha infilato una serie di piroette, passi base di qualunque ballo conosciuto orientale e occidentale, boreale ed australe, roba libera stile Michael Jackson (da bianco e da nero), gimkane tra i presenti e funambolici equilibrismi sul ritmo! Ovviamente anche (e soprattutto) intorno a lui c'era il vuoto: metri interi di area vitale libera mentre dall'altra parte della pista la gente si accalcava come ad un concerto di Emma Marrone.
E' durato tutto il tempo di una birra ed una sigaretta, poi sono scappato. Pensando che io sono GIA' grande.
(Della stessa serie, vedi Allo zoo (1) )
Il più grande di questi, puntualmente ogni weekend si affolla di gente. Un'ammucchiata di casi umani da far impallidire il registro presenze di un CIM!
Ieri sera, complice il fatto che avevo uno scazzo da paura per cui sapevo che mi sarebbe andato bene perfino un libro di Moccia, mi sono addentrato in solitaria all'esplorazione di questo microcosmo da National Geographic.
La prima cosa che ho notato è che, stranamente, la proporzione donne-uomini è lievemente a favore di questi ultimi, cosa che dalle mie parti è assolutamente inconsueta, tant'è vero che fino ad un certo orario è consentito l'ingresso solo alle coppie o a comitive nelle quali le donne siano in sovrannumero.
Gli uomini "in più" generalmente si fermano a bordo pista col cocktail in mano ad osservare, bene che gli vada, come diventeranno da grandi. Essì, perché di giovanissimi ce n'erano ben pochi: la discoteca si riduce ad una specie di balera per ultratrentacinquenni in fregola che smaniano dalla voglia di farsi notare senza bisogno di andare nella trasmissione filogeriatrica di Maria de Filippi.
Una quarantenne vestita come una bambola spagnola, con tanto di rafflesia in testa (spero non così puzzolente), si dimenava sculettando a ritmo di remix degli anni '80.
Altre due donne, una addobbata "da acchiappo" con camicetta rossa e pantalone bianco e l'altra tipica bruttina stagionata, improvvisavano passi coordinati su brani qualunque. Casualmente andavano a tempo. Casualmente.
Poi c'era il classico "robottino": l'ultrasessantenne che conosce TUTTI i passi di TUTTI i balli di gruppo, si piazza in un angolo della pista e li mette insieme senza un ordine preciso, se non quello del dio che glielo ordina (Dioniso, I suppose); a causa del suo tarantolare, in pista attorno a sé c'era il vuoto. Gli apprezzamenti venivano esclusivamente da chi entrava, l'osservava divertito... poi si spaventava (sempre a causa del pensiero "Ma io diventerò così da grande?") ed usciva in preda ad un attacco acuto di LES.
E infine l'esibizionista. Ce n'è sempre uno, ovunque, ma questo era spettacolare. Uomo, caucasico, sui 45 anni, calvo, normolineo, cavallo alto e spalle basse, maglioncino legato in vita e t-shirt dentro i pantaloni, sicuramente con un passato di danzatore o ballerino, per lo meno a livello semi-agonistico, ha infilato una serie di piroette, passi base di qualunque ballo conosciuto orientale e occidentale, boreale ed australe, roba libera stile Michael Jackson (da bianco e da nero), gimkane tra i presenti e funambolici equilibrismi sul ritmo! Ovviamente anche (e soprattutto) intorno a lui c'era il vuoto: metri interi di area vitale libera mentre dall'altra parte della pista la gente si accalcava come ad un concerto di Emma Marrone.
E' durato tutto il tempo di una birra ed una sigaretta, poi sono scappato. Pensando che io sono GIA' grande.
(Della stessa serie, vedi Allo zoo (1) )
agosto 19, 2013
agosto 19, 2013
agosto 12, 2013
agosto 12, 2013
Processo di adozione terminato
E dopo due mesi e mezzo, finalmente Carmen ha "fatto il pane" per la prima volta sulla mia pancia.
Quindi sono diventato ufficialmente sua madre! :D
Tosca, che è più socievole e curiosa, aveva già cominciato il mese scorso.
Quindi sono diventato ufficialmente sua madre! :D
Tosca, che è più socievole e curiosa, aveva già cominciato il mese scorso.
luglio 31, 2013
luglio 31, 2013
Zona Cesarini
Questo luglio.
Questo luglio mi ha cambiato la vita.
I miei primi quarant'anni.
Il mio primo contratto a vita.
La mia prima festa riuscita sul serio.
La prima volta dopo anni che scendo sotto i cento chili.
E lo scrivo solo l'ultimo giorno, quando mancano solo 140 minuti al termine.
Luglio 2013. E' vita. Evviva.
Questo luglio mi ha cambiato la vita.
I miei primi quarant'anni.
Il mio primo contratto a vita.
La mia prima festa riuscita sul serio.
La prima volta dopo anni che scendo sotto i cento chili.
E lo scrivo solo l'ultimo giorno, quando mancano solo 140 minuti al termine.
Luglio 2013. E' vita. Evviva.