Non un successo... un TRI ON FO!
non ho piu' voglia di lavorare.. di far le solite cose... prenderei il primo aereo destinazione sconosciuta, possibilmente mare
e viver la giornata, magari con un lavoretto del cazzo tipo barista o similari
sigh sob!
Idem. E quando poi ti capita, come mi è successo stasera, di aver suonato samba per dei ballerini brasiliani, capisci che hai fatto tutto quello che dovevi fare nella vita e puoi pure morire in pace. Sulla mia lapide scrivete: "Ha suonato samba, è morto felice".
maggio 30, 2010
maggio 30, 2010
maggio 26, 2010
maggio 26, 2010
Nove lunghi giorni
Sono al primo di nove giorni di antibiotico. Talmente afono da non poter parlare al cellulare, perché sembra che la linea sia disturbata.
Il Titanic è affondato degnamente, per colpa di un iceberg. Io sto avendo cura di trasformarmi prima in un vascello fantasma.
Sono al primo di nove giorni di antibiotico. Talmente afono da non poter parlare al cellulare, perché sembra che la linea sia disturbata.
Il Titanic è affondato degnamente, per colpa di un iceberg. Io sto avendo cura di trasformarmi prima in un vascello fantasma.
maggio 19, 2010
maggio 19, 2010
La gatt d M'gnikk*
C'era una volta, in un paese di mare della solatia Puglia, un tipo che si chiamava M'gnikk**. Noi l'avremmo chiamato probabilmente Mimmo.
La guerra infuriava al di là degli uliveti e delle colline e a tavola si mangiava pane e povertà. Beh, veramente il pane si mangiava quando c'era.
Un bel giorno di primavera al generoso M'gnikk venne ricompensato un favore con due chili di alici appena pescate di contrabbando. Due chili di alici tutti per lui, una fortuna che non capitava spesso.
Arrivato a casa con una fame da lupo, dovette scansare più volte la sua gatta, ovviamente altrettanto affamata. Lei sapeva che le sarebbero arrivate le teste e le code, ma cominciò comunque a fare le feste al suo padrone e ad assaltargli le caviglie.
Mentre stringeva a sé l'involto di carta grezza, annusando con voluttà l'intenso odore di mare, il nostro M'gnikk fu colto da un dubbio enorme: Ma ora come le preparo queste splendide e lucenti alici? Fritte no, perché ci vuol troppo olio e l'odore farebbe insorgere il vicinato: "Ma tu vedi a quello: viene a chiedere la farina in prestito e poi non ci dà nemmeno un po' di frittura!". E le alici sono poche perfino per me! Arrostite nemmeno: ci vuole troppo tempo per preparare i carboni e la fame è assai. Ho capito! Me le mangio crude e marinate, così non si sente l'odore e devo solo chiedere alla vicina una foglia di prezzemolo.
M'gnikk prese uno spicchio d'aglio dalla serta, dell'aceto, un cucchiaio di prezioso olio dalla giara. Poi posò il cartoccio sul tavolo e andò dalla vicina a chiedere un po' di prezzemolo.
Eh, ma lei aveva visto tutto: da quelle case senza porte e senza finestre si entrava e usciva liberamente, e il povero M'gnikk non avrebbe mai potuto passare inosservato con un pacchetto di quel tipo tra le mani.
E chi te l'ha dato? Quello di dietro alla torre? E come mai? Neh, ma sono fresche almeno? Ah, pensa, di stamattina! E quante sono? Ah, solo sei alici? Beh, saluti a signoria!
Scivolò via in casa sua, dopo l'interrogatorio a scopo di estorsione, con le foglie di prezzemolo in mano e tanta fame da soddisfare. La gatta dispettosa e affamata aveva quasi finito di divorare l'intero bottino. M'gnikk le urlò contro le peggiori parolacce e cercò di afferrarla, ma lei, con l'ultima alice in bocca, infilò l'uscio di casa e scappò per la strada. M'gnikk non si arrese e la rincorse per tutta la via. La gatta, un po' scema ma decisamente soddisfatta, si infilò in una finestrella cieca e terminò così la sua fuga tra le mani ansiose di vendetta del nostro affamato M'gnikk.
La gatta fu tenuta per la collottola fino a casa, e subito cominciò il processo pubblico. La gente, incredula di fronte a tanta ira - ma si sa che la rabbia e la fame fanno molto chiasso -, si fermò intorno a M'gnikk e uscì perfino la vicina di casa, che sapeva tutto o quasi.
Tutte le discussioni tra l'accusa e la difesa si svolsero in un clima a dir poco infuocato, con M'gnikk deciso a far fuori l'animale e la gente che non gli credeva affatto - come poteva uno spiantato del genere aver comprato ben due chili di alici al mercato nero?
Venne fuori la vicina di casa, con la sua voce stridula e mise tutti a tacere: "Pesiamola! Se è vero che ha mangiato due chili di alici, deve pesare almeno tre chili e mezzo, forse quattro chili!"
Si diressero tutti alla pesa del forno. Prima salì M'gnikk con la gatta in mano, poi la consegnò alla vicina e si pesò senza gatta. La differenza era di due chili e mezzo. Più o meno sei alici, pensò la vicina.
Così la gatta fu liberata, M'gnikk fu deriso e lasciato alla sua fame e la vicina, da pettegola universamente riconosciuta, guadagnò la fama di persona retta e giusta.
E quando ci si trova davanti a misteri inspiegabili come le quantità contabilizzate che non corrispondono al vero, oppure a persone che mangiano come delle betoniere e non ingrassano, nel bel paese di mare della solatia Puglia si nomina tuttora la fortunata e soddisfatta gattina: "La gatt d M'gnikk si mangiò due chili di alici e pesava due chili e mezzo!".
Sipario.
* La storia, dedicata ad un Baol, l'ho immaginata prendendo ispirazione dal detto finale (realmente esistente) e dal commento che mi ha scritto il Baol nel post precedente.
**Era probabilmente diminutivo di Domenico. La trascrizione giusta dal dialetto sarebbe Megnicche, ma non rende affatto l'idea.
C'era una volta, in un paese di mare della solatia Puglia, un tipo che si chiamava M'gnikk**. Noi l'avremmo chiamato probabilmente Mimmo.
La guerra infuriava al di là degli uliveti e delle colline e a tavola si mangiava pane e povertà. Beh, veramente il pane si mangiava quando c'era.
Un bel giorno di primavera al generoso M'gnikk venne ricompensato un favore con due chili di alici appena pescate di contrabbando. Due chili di alici tutti per lui, una fortuna che non capitava spesso.
Arrivato a casa con una fame da lupo, dovette scansare più volte la sua gatta, ovviamente altrettanto affamata. Lei sapeva che le sarebbero arrivate le teste e le code, ma cominciò comunque a fare le feste al suo padrone e ad assaltargli le caviglie.
Mentre stringeva a sé l'involto di carta grezza, annusando con voluttà l'intenso odore di mare, il nostro M'gnikk fu colto da un dubbio enorme: Ma ora come le preparo queste splendide e lucenti alici? Fritte no, perché ci vuol troppo olio e l'odore farebbe insorgere il vicinato: "Ma tu vedi a quello: viene a chiedere la farina in prestito e poi non ci dà nemmeno un po' di frittura!". E le alici sono poche perfino per me! Arrostite nemmeno: ci vuole troppo tempo per preparare i carboni e la fame è assai. Ho capito! Me le mangio crude e marinate, così non si sente l'odore e devo solo chiedere alla vicina una foglia di prezzemolo.
M'gnikk prese uno spicchio d'aglio dalla serta, dell'aceto, un cucchiaio di prezioso olio dalla giara. Poi posò il cartoccio sul tavolo e andò dalla vicina a chiedere un po' di prezzemolo.
Eh, ma lei aveva visto tutto: da quelle case senza porte e senza finestre si entrava e usciva liberamente, e il povero M'gnikk non avrebbe mai potuto passare inosservato con un pacchetto di quel tipo tra le mani.
E chi te l'ha dato? Quello di dietro alla torre? E come mai? Neh, ma sono fresche almeno? Ah, pensa, di stamattina! E quante sono? Ah, solo sei alici? Beh, saluti a signoria!
Scivolò via in casa sua, dopo l'interrogatorio a scopo di estorsione, con le foglie di prezzemolo in mano e tanta fame da soddisfare. La gatta dispettosa e affamata aveva quasi finito di divorare l'intero bottino. M'gnikk le urlò contro le peggiori parolacce e cercò di afferrarla, ma lei, con l'ultima alice in bocca, infilò l'uscio di casa e scappò per la strada. M'gnikk non si arrese e la rincorse per tutta la via. La gatta, un po' scema ma decisamente soddisfatta, si infilò in una finestrella cieca e terminò così la sua fuga tra le mani ansiose di vendetta del nostro affamato M'gnikk.
La gatta fu tenuta per la collottola fino a casa, e subito cominciò il processo pubblico. La gente, incredula di fronte a tanta ira - ma si sa che la rabbia e la fame fanno molto chiasso -, si fermò intorno a M'gnikk e uscì perfino la vicina di casa, che sapeva tutto o quasi.
Tutte le discussioni tra l'accusa e la difesa si svolsero in un clima a dir poco infuocato, con M'gnikk deciso a far fuori l'animale e la gente che non gli credeva affatto - come poteva uno spiantato del genere aver comprato ben due chili di alici al mercato nero?
Venne fuori la vicina di casa, con la sua voce stridula e mise tutti a tacere: "Pesiamola! Se è vero che ha mangiato due chili di alici, deve pesare almeno tre chili e mezzo, forse quattro chili!"
Si diressero tutti alla pesa del forno. Prima salì M'gnikk con la gatta in mano, poi la consegnò alla vicina e si pesò senza gatta. La differenza era di due chili e mezzo. Più o meno sei alici, pensò la vicina.
Così la gatta fu liberata, M'gnikk fu deriso e lasciato alla sua fame e la vicina, da pettegola universamente riconosciuta, guadagnò la fama di persona retta e giusta.
E quando ci si trova davanti a misteri inspiegabili come le quantità contabilizzate che non corrispondono al vero, oppure a persone che mangiano come delle betoniere e non ingrassano, nel bel paese di mare della solatia Puglia si nomina tuttora la fortunata e soddisfatta gattina: "La gatt d M'gnikk si mangiò due chili di alici e pesava due chili e mezzo!".
Sipario.
* La storia, dedicata ad un Baol, l'ho immaginata prendendo ispirazione dal detto finale (realmente esistente) e dal commento che mi ha scritto il Baol nel post precedente.
**Era probabilmente diminutivo di Domenico. La trascrizione giusta dal dialetto sarebbe Megnicche, ma non rende affatto l'idea.
maggio 18, 2010
maggio 18, 2010
maggio 05, 2010
maggio 05, 2010
Nomi
Non ho mai fatto nomi sul mio blog. Conservo la mia vita privata in un barattolo ermetico che in sette anni non ho mai aperto, ma per stavolta faccio un'eccezione.
Nel giro di una settimana ho visto tre persone conosciute in passato che mi hanno sorriso genuinamente, con uno sguardo affettuoso e pieno di gratitudine. Erano tre ragazzi con i quali, per un motivo o per un altro, ho condiviso un tratto di strada, un pezzo della mia vita e che adesso vivono consapevolmente la loro età adulta.
Ora sono io a ringraziarli. Per la bellezza dei loro sorrisi, per aver contribuito a farmi diventare ciò che sono adesso, per essere tornati a salutarmi.
Grazie Alessandro! Grazie Savino! Grazie Giuseppe!
Non ho mai fatto nomi sul mio blog. Conservo la mia vita privata in un barattolo ermetico che in sette anni non ho mai aperto, ma per stavolta faccio un'eccezione.
Nel giro di una settimana ho visto tre persone conosciute in passato che mi hanno sorriso genuinamente, con uno sguardo affettuoso e pieno di gratitudine. Erano tre ragazzi con i quali, per un motivo o per un altro, ho condiviso un tratto di strada, un pezzo della mia vita e che adesso vivono consapevolmente la loro età adulta.
Ora sono io a ringraziarli. Per la bellezza dei loro sorrisi, per aver contribuito a farmi diventare ciò che sono adesso, per essere tornati a salutarmi.
Grazie Alessandro! Grazie Savino! Grazie Giuseppe!
maggio 01, 2010
maggio 01, 2010
Finalmente!
Il Premio Oscar come miglior attore non protagonista della mia vita ha calato la maschera. Una maschera triste.
Che poi uno si chiede perché le persone intelligenti siano destinate a vivere nel perenne turbamento...
A presto e ad maiora, Lord Brummel! :)
Il Premio Oscar come miglior attore non protagonista della mia vita ha calato la maschera. Una maschera triste.
Che poi uno si chiede perché le persone intelligenti siano destinate a vivere nel perenne turbamento...
A presto e ad maiora, Lord Brummel! :)
aprile 25, 2010
aprile 25, 2010
Sull'intolleranza - Sulla libertà
Ho visto "Agorà", il film di Amenàbar su Ipazia, la filosofa di Alessandria d'Egitto.
Ne sono uscito scosso, tremante, triste, incazzato. E' un film che ti cambia il modo di vedere le cose, sia per la storia, sia per come è raccontata.
Rachel Weisz è splendida, incredibilmente vera e pura nel ruolo di Ipazia. Non doveva certo essere un bel periodo, quello, per una donna filosofa, ma l'incredibile avversione di gente ottusa e affamata di potere nei confronti del libero pensiero è sempre un lutto per tutti.
I personaggi sono vividi, escono dallo schermo e lo perforano, lacerandolo con le loro spade. La figura dello schiavo (Davo - Max Minghella) che fa il tira e molla, mosso solo dalle sue passioni più intime, dalle sue viscere, è geniale nella sua metafora. Quello schiavo sono io, siamo noi: quando oscilliamo tra un estremo e l'altro, quando la passione ci rende incoerenti, quando qualcuno ci impone un cliché, quando veniamo accecati da una finta verità, quando soffochiamo i nostri ideali... eccoci, nudi, rappresentati in un film.
Parlavo di lutto: quella è una perdita irreparabile che non si elabora, è una ferita che non si rimargina. Si infetta, diventa purulenta e pestilenziale, e gli untori non mancano. Chi ci plagia ed ottunde i nostri sensi e le nostre percezioni, è sempre, sempre, SEMPRE il nostro nemico più grande.
E non importa il nome, non importa quanto sia potente, non importa quanti siano numerosi o quali strumenti abbiano a disposizione.
Sono uscito profondamente intristito, consapevole che anche i potenti del mondo attuale, per la turba urlante là fuori, nell'agorà, hanno solo un progetto: assoggettarla. In subordine, eliminare i diversi.
Un particolare notevole della regia: la devastazione della biblioteca di Alessandria è raccontata per qualche secondo con la telecamera capovolta. Simbolico.
Ho visto "Agorà", il film di Amenàbar su Ipazia, la filosofa di Alessandria d'Egitto.
Ne sono uscito scosso, tremante, triste, incazzato. E' un film che ti cambia il modo di vedere le cose, sia per la storia, sia per come è raccontata.
Rachel Weisz è splendida, incredibilmente vera e pura nel ruolo di Ipazia. Non doveva certo essere un bel periodo, quello, per una donna filosofa, ma l'incredibile avversione di gente ottusa e affamata di potere nei confronti del libero pensiero è sempre un lutto per tutti.
I personaggi sono vividi, escono dallo schermo e lo perforano, lacerandolo con le loro spade. La figura dello schiavo (Davo - Max Minghella) che fa il tira e molla, mosso solo dalle sue passioni più intime, dalle sue viscere, è geniale nella sua metafora. Quello schiavo sono io, siamo noi: quando oscilliamo tra un estremo e l'altro, quando la passione ci rende incoerenti, quando qualcuno ci impone un cliché, quando veniamo accecati da una finta verità, quando soffochiamo i nostri ideali... eccoci, nudi, rappresentati in un film.
Parlavo di lutto: quella è una perdita irreparabile che non si elabora, è una ferita che non si rimargina. Si infetta, diventa purulenta e pestilenziale, e gli untori non mancano. Chi ci plagia ed ottunde i nostri sensi e le nostre percezioni, è sempre, sempre, SEMPRE il nostro nemico più grande.
E non importa il nome, non importa quanto sia potente, non importa quanti siano numerosi o quali strumenti abbiano a disposizione.
Sono uscito profondamente intristito, consapevole che anche i potenti del mondo attuale, per la turba urlante là fuori, nell'agorà, hanno solo un progetto: assoggettarla. In subordine, eliminare i diversi.
Un particolare notevole della regia: la devastazione della biblioteca di Alessandria è raccontata per qualche secondo con la telecamera capovolta. Simbolico.
aprile 22, 2010
aprile 22, 2010
Processo di autodistruzione interrotto
Ho capito che non devo uccidermi. Devo ucciderti.
¡Cuidado, gringo!
Ho capito che non devo uccidermi. Devo ucciderti.
¡Cuidado, gringo!
aprile 20, 2010
aprile 20, 2010