gennaio 23, 2004 gennaio 23, 2004

Tutto in una notte<...

Tutto in una notte…





Primo.


Non ricordo quello che c’è prima; mi trovo nella piazza della villa comunale (sempre la stessa piazza, sempre lo stesso incrocio… mah!), in auto, guido io e accanto a me non capisco chi c’è, so solo che è una donna. Il cielo è nuvolosissimo, c’è vento forte, sul porto gli alberi delle barche a vela si agitano come giunchi, sta per piovere, forse nevicare ma dobbiamo andare all’altro capo del porto per cantare per la festa del Santo patrono. Manca un’ora all’appuntamento e cerco quindi di chiamare L. per sapere almeno quali canti fare, in modo da andare a prendere gli spartiti a casa. Non riesco a contattarla, la persona che ho in auto mi consiglia di andare a casa e prendere i raccoglitori, o magari i canti che “si sa, sono sempre quelli”. Faccio quindi inversione di marcia e vado per il lungomare; dove nella realtà c’è una piazzetta con delle palme, nel sogno c’è una spiaggetta coperta di neve, tappa intermedia della processione del Santo via mare (!), con una frotta di maschietti 10-15enni in slip da bagno neri che l’avrebbero seguito a nuoto (!!!).





Secondo.


Riassunto della parte che ricordo poco: la mia gatta non sta bene, la porto dal veterinario, le mette una crema sulla vulva e la porto via.


La gattona è al guinzaglio (una funicella bianca legata al collo), devo “trascinarla” per due piani di scala e poi fuori al cortile. Mi armo di santa pazienza e tre scalini giù e poi due su… e così via, con le persone che salgono e scendono, gli altri “pazienti” gatti al guinzaglio o sciolti, arrivo al piano terra. Trovo un veterinario e una padrona di una “paziente” gatta, con lo stesso problema della mia (credo) che parlano della terapia: “Deve prendere il divaricatore e metterle la crema dentro” “Ma è sicuro? E se lo lascerà fare? Guardi che è terribile, la mia gatta” “Ci vorrà pazienza”… e già immagino quello che dovrò sopportare. La gatta, sempre più terrorizzata, esce dal portone e trova l’altro veterinario che dalla rampa del cortile, attraverso le siepi, la vede e dice “Ah, vedi che è riuscita ad arrivare giù tranquilla, la belva bellissima?” (cioè, quasi mi veniva l’affanno VERAMENTE, per quanto è stato faticoso portarla giù!!!). Usciamo nel cortile e ci circondano tre gatti balinesi (sono come i siamesi, ma più chiari, col pelo più lungo e con i tipici “stivaletti”) arrapatissimi, che vogliono aggredire la gatta. Ho paura soprattutto per i suoi occhi, perché i gatti feriscono soprattutto quelli. Riesco ad allontanarli urlando (chissà se ho urlato sul serio…) e pestando i piedi, e porto via la gatta.





Terzo.


Questo è complicatissimo, e anche di questo non ricordo l’inizio. Sono su un palcoscenico con il parquet bordeaux e le quinte blu scuro, in posizione defilata, forse appena dietro le quinte; entrano una serie di “attori”, credo di riconoscere Pippo Baudo, Maria Teresa Ruta e Flavio Montrucchio. Flavio è vestito e truccato da donna, con una gonna enorme di taffetà verdissimo e uno scaldacuore rosa shocking (!), il rossetto evidentissimo, una parrucca castana da signora sciocca, collier e orecchini enormi di bigiotteria di bassa qualità. Interpreta la figlia di Pippo Baudo, infatti lui è in piedi di fronte a me e Flavio è seduto su una sediolina e gli si stringe quasi piangendo alla gamba. Scambiano un paio di battute, che non ricordo, e vengono verso di me, immediatamente dietro la quinta. Mentre camminava, scimmiottando e sculettando, Flavio stava perdendo la gonna. Infatti vedo che dietro è tutta sbottonata in vita; mi offro di aiutarlo, ma mi dice di non toccare dietro… io stupito lo guardo… e in realtà ha la faccia di mia madre! Però il resto del corpo è di Flavio… compreso quello che c’è nelle mutande, del quale si intravedeva appena il rigonfiamento sotto quella gonna enorme, ormai a giro-pelo. “Ma com’è?” chiedo… e nel frattempo tocco e stimo (nota per malacarne: sta storia di pinnuluni ed emicrania m’avrà fatto male! :))) ), senza arrivare ad una idea precisa, tanto che dico “Non male” senza convinzione.


Salto.


Sempre con mia madre, però autentica, mi trovo in un posto sconosciuto, che somiglia alla villetta che aveva mia zia… ma con una rampa di garage sotto. Sono con una bicicletta bluastra, ma non so proprio cosa sto facendo, né perché. Sto scendendo la rampa e scambio qualche parola con la mamma, forse riguardo alla bici, al modo di aggiustarla, di utilizzare altre bici per trovare i pezzi di ricambio… poi mi sveglia!
gennaio 22, 2004 gennaio 22, 2004

Provate a pensare ad...

Provate a pensare ad una lite e quella persona che fino a poco tempo prima avete stimato ed era un irrinunciabile punto di riferimento diventa improvvisamente estranea. Cambia volto, rinuncia al suo nome; non ha identità per voi, non la conoscete più. Ha subìto un condizionamento piuttosto forte, ha seguito un suggerimento fallace che l'ha portata a comportarsi in un modo così squallido che non potevate fare a meno di fanculizzarla... per sempre.

E' arrivato il momento opportuno. Dedicate queste parole a quella persona, come ho fatto io, senza alcun commento.
gennaio 21, 2004 gennaio 21, 2004

E adesso... MAMBO!<b...

E adesso... MAMBO!



Il Centro dove lavoro non è affatto accogliente, fa freddo, i bagni non funzionano, logisticamente è scomodissimo, non ci sono arredi a sufficienza per renderlo funzionale, per fare una fotocopia devi andare a 300m di distanza e c'è sempre il problema delle chiavi (sono sempre molte meno delle persone e casualmente le possiede sempre quello/a che arriva più tardi o va via prima!); il coordinatore è sempre fuori perché è anche corresponsabile di un sacco di altre cose e mi ha lasciato allo sbaraglio nel centro, provocando in me un vero e proprio disagio; sono finito nel gruppo di scuola media, otto ragazzi/e veramente terribili, sono arrivati a minacciare me e la mia auto con il taglierino; delle mie due colleghe in classe, una è veramente supponente e piuttosto antipatica, è molto professionale ma ciò le fa assumere un'aria insopportabile, come se stesse a 20 cm dal pavimento; da ottobre il Comune non paga un centesimo e chissà quando riceverò quanto dovuto; non sono riuscito a mettere in pratica nessuna delle mie idee riguardo a laboratori musicali o di animazione; in équipe si parla sempre delle stesse cose, l'utopia governa sulle menti e influenza le scelte: si sogna molto e in grande ma si fa pochissimo e male.

Ho la parte sinistra...

Ho la parte sinistra del collo bloccata, proprio sotto ai molari. Forse è una nevralgia, o un colpo d'aria (stamattina ho avuto la brillante idea di andare in giro senza sciarpa, ma faceva così caldo!), o i linfonodi che stanno impazzendo... Ho preso del paracetamolo; se domattina non sto meglio, vado dalla dottoressa.
gennaio 20, 2004 gennaio 20, 2004

Qui ho descritto uno...

Qui ho descritto uno dei miei primi incontri con l'"uomo dalle mille sorprese". Era una delle prime volte in cui parlavamo, e cominciò a stupirmi. Da allora non ha più smesso di farlo, nel bene e nel male.
Rimangono lì i suoi occhi azzurri-violacei, intensissimi, sempre tristi. Vorrei capirne il perché, è una cosa che mi fa penare.
gennaio 18, 2004 gennaio 18, 2004

Luned&igrave; 26 gennaio.<b...

Lunedì 26 gennaio.


Dovrebbero partire lunedì 26 gennaio.

Ad Admore, Oklahoma ...

Ad Admore, Oklahoma (USA), una recluta fu messa sotto inchiesta perchè diceva di chiamarsi Tonsillite Jackson e si credeva che scherzasse. Dimostrò di chiamarsi veramente così e si scoprì che i suoi tre fratelli avevano come nomi Otite, Appendicite e Laringite.





(Tratto da qui)
gennaio 17, 2004 gennaio 17, 2004

Ho chiesto all'inseg...

Ho chiesto all'insegnante "in seconda" di musicoterapia di abbozzare per me un progettino di laboratorio di ascolto musicale e gestualità per i ragazzi del centro giovanile. Questo nell'ipotesi piuttosto remota che mi concedano di intraprendere il percorso musicale dopo il "contrattus interruptus"...
gennaio 16, 2004 gennaio 16, 2004

Tutto in una notte<...

Tutto in una notte…



Manca l’acqua, tutta la città è in stato di assedio. Autobotti, calura, gente sudata (anche belle gnocche tipo la Cucinotta con il decolleté madido… non male come sogno!), barbieri incazzati e compagnia cantando. Non si trova da nessuna parte e ad un certo punto, camminando per le vie del centro, sento che nella farmacia si vende dell’acqua calda. Il cartello all’ingresso dice “Acqua calda. Non troppo.”, per lo meno ambiguo: non troppo calda o non troppa? Mi intrufolo nella folla ed entro. La farmacia è uno stanzone enorme, altissimo, scurissimo, scrostato, col pavimento di basole come se fosse una strada, erbetta tra le fessure inclusa; ci sono gli scaffali sulla sinistra, illuminati e puliti, ma con un “gusto” primi Novecento. Per il resto non si direbbe proprio che quella è una farmacia. Infatti, al centro della stanza, nei pressi della porta c’è un tavolino dove un tizio vende l’acqua calda. Intuisco che serve per l’uso immediato di levatrici e barbieri. Una donna, dalla bellezza molto sciupata, porge una lattina da tre litri e un bottiglione da due, di quelli per la candeggina, e il tizio (ex autista di autobotti) gliele riempie. Costa 5 centesimi, ma quando la donna sta per pagare, le alza il prezzo per un motivo che non capisco (il totale è di 6 o 7 centesimi). L’acqua la prendo io. Mi inoltro nello stanzone poiché sento delle voci di donna e vedo che l’unico modo per raggiungere l’ammezzato di fronte è una specie di scala a chiocciola nera in metallo veramente pericolosa posta sul lato destro della farmacia. Cerco di salire, ma soffro di vertigini e ogni passo è faticoso; mi resta impigliato il maglione nella rete metallica ma riesco nervosamente a liberarmi; faccio tre o quattro scalini in uno (boh, non so come… ma i gradini sembravano “diritti”). A metà strada la scala si fa strettissima, faccio molta fatica a salire, soprattutto le lattine mi danno fastidio. Arrivo in cima e con uno sforzo immane mi isso a sedere sul tetto (non era un ammezzato? Mah!) con le due lattine e capisco a cosa serve l’acqua lassù. Sono stanzoni, mansarde panoramiche (tutte le pareti sono in vetro) che accolgono ragazzi e ragazze tipo ostello della gioventù. Tutti sono nudi o quasi, si stanno preparando per uscire; a N. manca lo spazzolino… e in quel momento mi maledico perché non ce l’ho nemmeno io e sicuramente non scenderei a comprarlo, dopo la fatica fatta per salire! Due ragazze sono accampate sul tetto, in sacco a pelo (il tetto è in rame, credo, verdastro e con piccoli displuvi successivi, quasi ondulato, comunque orizzontale).





Cambio.


Sono in una struttura da caposcuola, mi viene in mente quella del campo 1994, abbastanza trascurata ma molto funzionale. Ci sono i ragazzi del centro giovanile, G. e M. (non sono quelli della rissa di martedì sera), ed E., l’altro educatore maschio (G. non viene al centro da metà dicembre, e la cosa mi dispiace). Stanno armeggiando al PC connessi ad internet… cercano i numeri di telefono dei calciatori. Trovano il cellulare di Gattuso con Google e scoprono che cambiando l’ultima cifra dell’indirizzo si arriva ai numeri di tutti i calciatori di serie A. Ma un rumore fastidiosissimo, un “trrrrrrrrr” cupo, potente ed insistente, mi distrae. Ne cerco la causa, e i ragazzi mi indicano una macchina per scrivere, dicendo che si sono incagliati i tasti. Vedo la macchina, una lettera 20 nera, ma non è lei la causa del rumore. Di fronte, su una scrivania c’è una macchina elettronica, ma con gli stessi tasti della manuale! I percussori sono sollevati ed incastrati, sembra che lo siano da giorni perché non è facile sbloccarli. Invece mi accorgo che più li abbasso e più si alzano, come attratti da un campo magnetico verso il rullo. Infatti comincio a giocarci: muovendo la mano su di loro, si muovono in direzione della mano… e i ragazzi, che nel frattempo si erano avvicinati, ridono di gusto!