Debora dentro
C’era un terrazzo, e c’era un ragazzo. Con gli abiti di piume e lo sguardo al vento, tra i gerani cantava il suo maggio.
C’era la folla giù, faceva freddo. Carnevale di pellicce, quest’anno. Coriandoli di nuvole fluttuavano fino al terrazzo.
E c’era un raggio di sole, solo come un altare di pietra. Brillava su specchi lamiere e finestre, con giochi di bimbo felice.
Il ragazzo rideva degli uomini, godeva del raggio di sole, dell’acre profumo dei fiori e dei riflessi di pietre dorate.
La sera venne furtiva, gli alberi e i muri inghiottì. Il ragazzo cercava nel buio una piuma, una voce, un ritornello.
Il suo canto di stelle dipingeva faville sottili, e nel buio, nel silenzio, nel vuoto, una lacrima d’acciaio scivolò.
3 Comments:
a parte due o tre vocaboli bruttissimi (acre???? in quel modo non lo si usa più dal '18) il resto mi piace molto. FUMA
nonono, quando qualcuno mi lascia un commento vado a vedere se ha indicato l'età nel suo blog, se è minorenne manco rispondo, di problemi ce ne ho già tanti di mio, ci manca pure di andare in galera per non aver fatto niente :)
ci avevo pensato in effetti, a cancellare il commento, ma ho sfruttato l'occasione per scrivere qualcosa di ancor più stupido e fare una scenetta teatrale :)
come stai vecchio mio?
E' un carnevale un po' triste, giu' da voi, eh? :)
E' una scena molto malinconica, e per questo l'apprezzo moltissimo... ma non la comprendo fino a fondo.
Bellissima, Regulo.
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