Tutto in una notte…




Sto andando a B. in auto con una donna (forse mia madre, o un’amica, non so) e ci fermiamo al semaforo dopo l’ospedale. Mentre parliamo del più e del meno, mi incavolo e a sfregio lancio un bidone dell’immondizia lungo il viale alberato sulla destra. Il viale è in salita, ma il bidone arriva molto lontano ugualmente e scompare alla mia vista. Risalgo in macchina da solo e mi avvio verso il centro. Arrivo con un giro larghissimo sulla stessa strada di prima e parcheggio con fatica, sotto una pioggerellina fastidiosa ed insistente. Non ho idea di cosa sto facendo lì, non ricordo. Mi rimetto in macchina con l’intenzione di andare a vedere che fine ha fatto il bidone. Arrivo più o meno al punto dove potrebbe essere e, sempre dall’interno della macchina, osservo i lati della strada per vedere dov’è finito. Niente! Mi fermo vicino al cavalcavia (che in realtà non esiste) e mi affaccio: nella strada sottostante vedo una panda bianca con una vistosa ammaccatura sul tettuccio, i vetri rotti, e il bidone a poca distanza, con dei segni di frenata molto evidenti. Nella macchina non c’è nessuno, c’è solo una cassetta di arance e qualcuna ce n’è pure per terra intorno all’auto, hanno già portato via l’uomo (un contadino?) in ospedale… C’è frastuono di clacson per il traffico bloccato e io rimango attonito appoggiato al parapetto, guardando il bidone. E se sono rimaste le impronte digitali? Devo cancellarle, ma poi visto che l’omicida torna sempre sul luogo del delitto, meglio non dare questa occasione per riconoscermi. E se qualcuno mi ha visto? Devo scappare prima possibile da lì!



Mi trovo in un appartamento molto antico e minuscolo, trattato parecchio male, con muri scrostati, polvere e probabilmente topi e scarafaggi. La visito tutta: soggiorno con angolo cottura (ma in tutto saranno stati 2 x 4 metri), con una finestrella senza vetri ricavata sotto un arco e protetta con una grata, corridoi, stanze da letto. Tutte le stanze, tranne il soggiorno, sono piene di giocattoli, mattoncini lego piccoli ed extralarge, macchinine... E’ la casa di Mn., e lei non c’è.



Sono a M. e cerco la casa di Mn. La zona è pessima, di case popolari densamente abitate ma in giro non c’è nessuno. E’ la mattina di pasquetta, ma non si capisce se è giorno o notte: è nuvolosissimo e ci sono i lampioni accesi. Fa freddissimo, ho un piumino addosso. Scendo dalla macchina e mi dirigo verso il civico n.8 di questa via (probabilmente via Cancello Storto/Rotto/Rosso, una cosa del genere), l’ultimo palazzo prima della campagna, però ho l’impressione che più in là ci sia il mare. Osservo il citofono, ma del cognome nessuna traccia. Ho veramente paura di attraversare quella piazzetta coi portici, ma lo faccio lo stesso, per arrivare al numero 6. Mentre il cuore mi batte sempre più forte, vedo un ragazzo che cerca di nascondersi dietro le colonne: ha due strane “ali” quadrate alle cosce, coperte da buste dell’immondizia nere. Arrivo al porticato e mi si avvicina seduto su una sedia a rotelle (le ali erano diventate le ruote della sedia) chiedendomi l’elemosina e frapponendosi tra me e il citofono. Gli rispondo che non ho soldi, cerco di evitare lui e il suo sguardo. Dò un occhio al citofono, vedo che non c’è scritto il cognome di Mn. e mi allontano, ma lui mi pedina, insiste per avere i soldi. Alla fine sbotto con un “Basta, non ne ho soldi, te ne vuoi anda…”, mentre dico ciò sto per estrarre il portafogli e… non ce l’ho più, me l’hanno rubato! Mezzo secondo di panico, mi giro e trovo su un tavolo di pietra accanto a me il mio portafogli! L’avevo lasciato lì quando cercavo la via sullo stradario! Io, felicissimo, cerco qualcosa da dargli, pure se so che è un imbroglione. Nel portamonete ci sono un euro e due monete da 100 lire, l’euro mi sembra poco e vedo nello scomparto della cartamoneta: ci sono due banconote da 5 euro… tentennando ne prendo una, ma gliela do entusiasta: “Beh, tu tieni questa per l’insistenza e io tengo il resto perché è mio”, sapendo che non sarei mai ripassato di lì e non avrei mai trovato il portafogli in quella zona terribile. Finalmente trovo il palazzo di Mn., salgo e trovo un sacco di persone conosciute, tra colleghe e amiche, assiepate intorno al tavolino del soggiorno. I giocattoli sono spariti, c’è la polizia che fa i rilievi e nei fori del muro e nelle finestrelle ora c’è del veleno per topi.
“Ma che succede?” esclamo.
“Mn. s’è suicidata stamattina. E’ andata a fare colazione a casa della zia, ha aperto una finestra e s’è lanciata” mi risponde AM.
“Ma no, non è possibile, proprio lei che ha criticato la scelta dell’amica, che si è uccisa allo stesso modo l’altroieri!” rispondo io, e le altre annuiscono.
“Quello è il cattivo sangue, il fatto di non sentirsi accettata!” dice un’altra, probabilmente la rossa.
Intanto vedo F. seduta al tavolo e le parlo, mi sembra scossa. Le chiedo da quanto tempo è lì, cosa è successo, cosa fa lì la polizia… Ma poi mi ricordo di una cosa… le racconto il sogno che ho fatto (quello del bidone!), credendo nella possibilità che vi possano essere degli indizi. Le chiedo dov’è morta, dov’è la casa della zia. Mi risponde che non è a B. ma qui a M., in una strada parallela alle spalle del palazzo, in contrada Traversetolo (!!!). Lei scoppia a piangere e l’aiuto ad asciugarsi.